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Formazione e Tecnologia al servizio di badanti e famiglie: come le RSA possono avere un ruolo attivo nel trasformare il pilastro invisibile in ecosistema professionale

Quest’anno ANSDIPP ha portato al forum un nuovo tema, che è anche il lancio di un nuovo progetto: quello di muovere i primi passi verso un ecosistema integrato tra RSA e domicilio, valorizzando la figura della badante.

Sergio Sgubin ha collaborato con Alessia Meroni che ha messo a disposizione di ANSDIPP la sua esperienza in innovazione nella silver economy riunendo allo stesso tavolo l’analisi accademica della professoressa Notarnicola (responsabile OLTC del Cergas Bocconi), lo sguardo di un importante ente datoriale, con Maurizia Savia, consigliera e partner per la formazione di Nuova Collaborazione, l’esperienza diretta e di primo piano di una badante (a breve ASA) Costanza Manciu.​

Questa originale convergenza ha intrecciato dati macro, evidenze empiriche e pratica sul campo, offrendo una visione integrata sulle dinamiche che ruotano attorno alla figura della badante.

La Professoressa Notarnicola ha raccontato come solo il 39% degli over 65 non autosufficienti riceve servizi pubblici. Del totale di 4 milioni di anziani, l'8% accede alle RSA, lo 0,5% ai centri diurni e il 30,6% a interventi sporadici di ADI (Assistenza Domiciliare Integrata). E il resto delle persone? Questa la domanda che ha aperto il workshop. Nel vuoto delineato operano oltre 1 milione di badanti, generando una spesa privata di 7,2 miliardi di euro, affiancate da 7 milioni di caregiver familiari che operano gratuitamente​

Con Alessia Meroni, si è provato a dare un volto a quel milione di badanti, integrando l’analisi macroeconomica con un questionario somministrato a 100 soci di Nuova Collaborazione ma, soprattutto, tramite interviste e focus group che fotografassero il pilastro invisibile da più angolature possibili. Tre focus group con badanti, sessioni dedicate a caregiver primari, un focus group misto per osservare l'interazione dal vivo tra badanti e datori di lavoro che non si conoscevano, operatori delle RSA che escono quotidianamente a domicilio interagendo con badanti, infermieri che si occupano di territorio per le RSA, ex badanti ora ASA ed OSS che hanno scelto di lavorare come badanti, ma anche manager di RSA/RSA Aperta e ADI.

I paradossi emersi dalle analisi qualitative

Al cuore della relazione tra famiglia e badante risiede una doppia dipendenza. “La famiglia è un datore di lavoro sui generis, un datore di lavoro che definisce la badante una ciambella di salvataggio”, sostiene Alessia Meroni. Il rapporto non si fonda su un contratto, bensì sul tentativo della badante di adempiere alle richieste in ogni modo e sul costante timore dei figli di restare scoperti, generando controllo ansioso sulle badanti che dicono "loro pensano che noi siamo da portare al guinzaglio”.

Alzheimer avanzato, insonnia, diabete, pazienti difficili da posturare: ecco le criticità assistenziali che più spaventano le badanti nei focus group, ma emergono anche aspettative irrealistiche e contraddittorie. “Dai nostri questionari risulta che il 53% delle famiglie ricerca una badante formata con competenza specifica. Scavando il tema durante i focus group, abbiamo meglio compreso che spesso si aspettano competenze infermieristiche ed esecuzione di mansioni che la badante non può svolgere.” Inoltre a fronte di un diffuso riconoscimento dei corsi e della formazione, nemmeno il 40% concederebbe tempo per la formazione, proprio perché la famiglia vive in quella logica di “ciambella di salvataggio”. Nel frattempo, le badanti accumulano competenze profonde del proprio assistito — abitudini, schemi comportamentali, trigger di crisi — riconosciute come autentica expertise persino dagli operatori delle RSA aperte intervistati. Eppure rimane una competenza invisibile: non documentata, non certificata, non trasformabile in carriera. È una "conoscenza da rubare con gli occhi"​

Le tre solitudini, l’arte dell’arrangiarsi e le complessità gestionali

La ricerca ha identificato una solitudine strutturale della badante, articolata su tre livelli: assenza di rete umana, assistenziale e di network professionale/appartenenza. Durante focus group hanno mostrato il forte desiderio delle badanti di appartenenza a una comunità professionale e di scambio reciproco. La badante è sola. Sola durante le pause e i permessi, sola durante i lutti ripetuti, sola con l’assistito quando emergono i bisogni. In quest’ultimo vuoto, la buona volontà della badante la porta a fare ricorso autonomo a risorse online (Google, YouTube) per colmare lacune formative, con rischi derivanti da contenuti inadeguati.

La gestione remota delle attività quotidiane, che include sia compiti assistenziali sia compiti di economia domestica, porta, inoltre, a diversi conflitti. La comunicazione spesso eccessiva e poco chiara, unita a sospetti sulla trasparenza, alimenta sfiducia e tensioni. Il 60% della comunicazione avviene tramite WhatsApp, uno strumento che amplifica lo stress comunicativo. La comunicazione è complessa a causa della mancanza di literacy della badante, della riluttanza a comunicare problemi a un caregiver già stressato e dell’assenza di un linguaggio condiviso. “Questo crea una pressione costante sulla badante, che si trova divisa tra le esigenze dell’assistito e le richieste continue dei familiari ansiosi”

Quali soluzioni possibili?

Le evidenze provenienti dalle analisi macro e micro pongono sfide a più livelli, dalla politica all’etica, dal mondo socio sanitario al sanitario. Il workshop si è concentrato sulle soluzioni realizzabili dall'interno, attraverso sinergie concrete, valorizzazione di buone pratiche esistenti e uso consapevole della tecnologia.

Il ruolo di corsi e professionalizzazione

Il primo pilastro riguarda il riconoscimento delle competenze attraverso percorsi di formazione certificati. Nel corso dell’incontro Maurizia Savia, di Nuova Collaborazione, ha evidenziato come il rafforzamento delle competenze professionali delle assistenti familiari rappresenti un elemento decisivo per ridurre la solitudine operativa che caratterizza il lavoro di cura a domicilio. La formazione certificata messa a disposizione da Ebincolf – che include moduli pratici su movimentazione sicura, relazione empatica, gestione delle emergenze e delle urgenze – contribuisce a migliorare la qualità dell’assistenza, aumentando la sicurezza delle lavoratrici e la fiducia delle famiglie.

Maurizia Savia ha, inoltre, ribadito l’importanza di “favorire una partecipazione più consapevole alla formazione da parte di lavoratrici e datori di lavoro, riconoscendo al tempo stesso la necessità di un maggiore supporto alle famiglie nel loro duplice e spesso complesso ruolo di caregiver e di datori di lavoro”. Parallelamente, è emerso il ruolo crescente delle tecnologie come strumento di supporto e di dialogo tra domicilio, servizi territoriali e professionisti.

Come valorizzare le sinergie con RSA?

Sergio Sgubin ha raccontato come, da questa collaborazione tra ANSDIPP e RSA per la creazione del workshop, sia già nato il progetto di realizzare video formativi in RSA su strumenti specifici e training pratici facoltativi per chi partecipa ai corsi di Nuova Collaborazione. Corsi in cui le badanti osservino e sperimentino tecniche corrette in ambiente controllato. A medio termine, si propone di strutturare best practice già in atto tra professionisti che escono a domicilio e le badanti: training specifico su tematiche quali alimentazione, movimenti dell’anziano a domicilio, gestione di pazienti cognitivi, ma anche organizzare una prassi diffusa da parte di infermiere che lasciano il cellulare alle badanti tramite la tecnologia e/o comunità di pratica.

Sul lungo periodo si aprono ipotesi stimolanti e proposte normative, tra cui: facilitare la permeabilità tra ruolo di badante e ASA/OSS attraverso crediti formativi che accorcino i percorsi di studio. Perché il suo possa essere un vero percorso di carriera, che valorizzi competenze e merito, e perché ci sia una efficienza sistemica nella allocazione delle risorse.

Possibile una tecnologia abilitante?

Alessia Meroni ha poi ragionato su come, alla luce delle esigenze raccolte e dei problemi delineati, la tecnologia possa ribaltare il paradigma attuale: non più strumento di controllo o mero supporto amministrativo, ma soluzione progettata sulle reali esigenze delle badanti e dei caregiver durante tutto il corso del loro rapporto lavorativo. Sulla base dei primi spunti raccolti, la tecnologia potrebbe agire quale facilitatore per creare circoli virtuosi.

Da conoscenza “rubata con gli occhi” a formazione accessibile e contestuale: in integrazione ai corsi, un’app potrebbe supportare il know-how con contenuti multilingue certificati ed interrogabili tramite una maschera di ricerca, video pillole on demand, protocolli visuali semplificati per semplici decisioni che la badante deve prendere mentre è sola (ad esempio chi chiamare in caso di necessità).

Da aspettative disallineate ad oggettivazione dei compiti: traduzioni automatiche, liste condivise di attività, caricamento automatico delle spese, creazione lista della spesa a 4 mani, checklist verificabili per sostituire il flusso ansioso di messaggi WhatsApp. La comunicazione diventa asincrona e tradotta, eliminando il "guinzaglio digitale" e creando uno spazio di autonomia professionale per la badante e di serenità per il caregiver familiare.

Da badanti isole a network: possibilità di mettere in contatto badanti nello stesso territorio ed in futuro di creare una comunità di pratica.

Non si tratta di innovazione puramente tecnologica, ma di “un cambio culturale che pone la badante al centro come sensore umano qualificato del sistema di assistenza”.

Come ha chiosato Maurizia Savia “grazie al contributo della tecnologia, la figura della badante – in quanto osservatrice privilegiata del quotidiano – può diventare un nodo di collegamento tra famiglia e rete socio-sanitaria, contribuendo allo sviluppo di modelli di assistenza più integrati ed efficaci con benefici che si irradiano sull'intero ecosistema: qualità dell'assistenza, alleggerimento del caregiver familiare, dialogo strutturato con servizi domiciliari delle RSA”.

L'obiettivo è trasformare la badante da figura marginalizzata a nodo strategico tra domicilio, famiglia e rete assistenziale. E col supporto della tecnologia superare isolamento, improvvisazione, irrazionalità e conflitti.

Anche grazie ai feedback che abbiamo ricevuto e che riceveremo dai vari attori del mondo RSA e del domicilio, il gruppo di lavoro proseguirà con la messa a terra di progetti di co-sviluppo di corsi pratici e video pillole, e porterà a termine le sue analisi per verificare le proposte ad ora emerse lato abilitazione tecnologica.

 

 

Per contatti

Sergio Sgubin, Presidente.

sergio.sgubin@gmail.com

Alessia Meroni, Consulente Innovazione Silver Economy

alessia.meroni@gmail.com

 

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