Benchmark Ocse sui sistemi sanitari di 29 Paesi. L’Italia spende poco e ha buoni risultati, ma long term care e prevenzione ancora non vanno.

L’Italia spende poco per la Sanità e ha buoni risultati tra i paesi considerati ad alto reddito dall’Ocse che. proprio in questi giorni, ha pubblicato una serie di schede sulle politiche sanitarie dei principali Paesi riunite sotto il titolo “Le politiche sanitarie del tuo Paese”. Ma non mancano le zone d’ombra, assistenza a lungo termine e prevenzione delle malattie non trasmissibili in testa.
L’Ocse dà subito un’indicazione chiara al nostro Paese: è necessario promuovere l’adeguatezza delle cure e ridurre le differenze regionali.
Ma vediamo in una breve sintesi di alcuni paesi, non solo europei, per un confronto internazionale sulle criticità e le possibili soluzioni indicate dall’Ocse rimandando al sito Ocse per le schede di tutti i 29 Paesi analizzati.
La prima è, come accennato, la grande differenziazione dell’attività e dei risultati nell’assistenza a livello regionale. Come dato di esempio l’Ocse individua i tagli cesarei: per 1000 nati vivi a Crotone ne indica 116 e a Napoli 664. E l’Ocse, sia la variazione colpa di meccanismi sbagliati di gestione, sia per un bisogno insoddisfatto nelle Regioni meno efficienti, bolla la diversità con un giudizio secco: inefficiente e iniqua. E l’altro esempio che porta, stavolta non a livello regionale, è quello che giudica un eccessiva prescrizione da parte dei medici di antibiotici che pongono l’Italia nell’Ocse al 5° posto dei paesi con i volumi più elevati di tali prescrizioni.
Cosa si può fare è presto detto secondo l’Ocse. Garantire un'applicazione più coerente delle politiche nazionali a livello regionale, ma anche sostenere le Regioni più deboli perché siano in grado di fornire un'assistenza di qualità al pari delle altre. Rafforzare la responsabilità con meccanismi di valutazione di performance anche amministrativa e migliorare l’uso delle risorse e degli incentivi. Garantire la governance del sistema, educare il personale sanitario, applicare la diagnosi precoce delle infezioni resistenti e migliorare i servizi igienico-sanitari in ospedale. E naturalmente, vista la critica, sviluppare nuovi modi per dare spazio – economicamente - ad antibiotici innovativi per non incoraggiare le vendite eccessive degli altri.
Le altre quattro criticità sono tutte a livello di salute e assistenza. A partire dalla forte prevalenza di malattie croniche legata all’invecchiamento della popolazione e alla scarsità di assistenza a lungo termine (2% in Italia, fino al 4,5% in Olanda e Svizzera) per gli anziani più poveri. I numeri parlano da soli: i letti per questo tipo di assistenza in Italia erano 18,9 nel 2013, ma erano 49,7 in media nell’Ocse e addirittura 72,1 in Belgio. Le altre criticità segnalate sono gli alti tassi di obesità infantile (36%), tra i più elevati dell’Ocse e l’eccesso di aumento di giovani che iniziano a consumare alcool in età sempre più precoce (nel 2002 a 15 anni erano il 37%, nel 2010 sono passati al 70%).
Cosa fare? Sviluppare nuovi modelli di cure primarie più mirati alla prevenzione delle malattie croniche e alla gestione della fragilità in età avanzata, produrre linee guida per la cura dei pazienti anziani e con pluripatologie, migliorare il coordinamento tra sociale e sanitario. Ma anche aumentare prevenzione e informazione su obesità e alcool, rafforzare i controlli e prevedere politiche economico-fiscali che penalizzino cibi e bevande malsane e, in particolare per l’alcool, stringere i freni per evitare la guida in condizioni pericolose.