(Terzo Settore) Nuova denominazione in vista per gli enti del Terzo settore

Nuova denominazione in vista per gli enti non profit al termine del periodo transitorio previsto per l’attuazione della riforma del Terzo settore. Come formulare correttamente la nuova denominazione sociale e quando iniziare ad indicarla sul proprio sito, negli atti e in tutte le comunicazioni con i terzi. È questo uno dei quesiti che gli enti non profit si pongono in vista dell’adeguamento statutario alle norme del Codice del Terzo settore (Cts) che dovrà essere effettuato, salvo proroghe, entro febbraio 2019. La risposta non è in realtà univoca, ma cambia a seconda della sezione del Registro unico nazionale (Runts) nella quale l’ente andrà a collocarsi. È bene fare il punto, quindi, sulle indicazioni contenute nel Codice e sui chiarimenti forniti finora dalla prassi. Il Cts stabilisce che la denominazione sociale degli enti iscritti nel Runts debba necessariamente contenere l’indicazione di «ente del Terzo settore» o l’acronimo «Ets», e che di tale indicazione debba farsi uso negli atti e nelle comunicazioni. Tale disposizione, tuttavia, non è ancora operativa: come chiarito già dalla lettera direttoriale del ministero del Lavoro del 29 dicembre 2017, infatti, per poter utilizzare tali indicazioni bisognerà attendere l’effettiva iscrizione nel Runts. Una Onlus che effettui l’adeguamento al Cts, ad esempio, dovrà continuare ad utilizzare nei rapporti con i terzi, fino al momento dell’iscrizione, la “vecchia” denominazione. In caso di violazioni, si rischia una sanzione da 2.500 a 10mila euro, raddoppiata nel caso in cui l’utilizzo illegittimo sia volto ad ottenere l’erogazione di denaro o di altre utilità (articolo 91, comma 3, del Cts). Il discorso cambia, in parte, per le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale: queste particolari categorie di Ets, infatti, possono utilizzare già nel periodo transitorio i relativi acronimi (Odv e Aps), in virtù dell’iscrizione negli attuali registri disettore (come chiarito dalla citata lettera direttoriale).
Alcune perplessità sono state tuttavia manifestate dalle particolari categorie di Ets (come le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale) in ordine alla necessità di inserire nella denominazione, in aggiunta ai rispettivi acronimi o indicazioni (ad esempio «Odv») l’ulteriore acronimo Ets. Il dubbio nasce dal fatto che il Cts prevede espressamente una deroga, in questo senso, solo per gli enti religiosi che istituiscano un ramo «Ets» (articolo 12, comma 2). Un chiarimento sul punto era stato già fornito dalla relazione illustrativa al Cts, nella quale si legge che alle organizzazioni di volontariato non si applica l’articolo 12, comma 1 (che richiede l’indicazione di Ets) in quanto derogato dalla disposizione particolare all’articolo 32, comma 3 (che impone l’indicazione di Odv). La questione è stata affrontata anche dal Consiglio notarile di Milano (massima n. 2 del 2018) il quale ha specificato che nella denominazione sociale delle particolari categorie di Ets deve essere necessariamente indicata la locuzione richiesta per identificare la tipologia di ente (ad esempio, «Odv»; «Aps»; «impresa sociale»; «ente filantropico») mentre è facoltativa l’ulteriore indicazione di «Ets».
Tale indicazione sarà comunque utilizzabile nelle comunicazioni con i terzi, a prescindere dall’inserimento nella denominazione sociale (a partire, naturalmente, dall’iscrizione nel Runts). Alcune incertezze sul punto si registrano ancora, tuttavia, a livello regionale: sul sito del registro del volontariato di alcune regioni, ad esempio, viene richiesta tra i requisiti per l’iscrizione l’indicazione nella denominazione sociale di Ente del Terzo settore (o Ets), «nonché» quella di organizzazione di volontariato (oppure Odv).