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Riforma sanitaria lombarda e lo strano caso del Gestore. Guida per conoscerlo e non temerlo.

 

Nelle scorse settimane ha fatto molto scalpore la notizia relativa alla riforma sanitaria attuata dalla Lombardia.  Titoli sensazionalistici hanno parlato della scomparsa del medico di base a favore di un soggetto inquietantemente chiamato “Gestore”. Ci sono notizie che hanno più risonanza di altre, vuoi perché toccano temi delicati come la salute o perché meramente, come il caso di specie, prospettano scenari apocalittici e assolutamente lontani dalla realtà.  La carta stampata e il web, dove notoriamente la disinformazione viaggia a velocità elevata hanno fatto il resto, ed eccoci di fronte all’ennesimo caso di informazione deviata.L’argomento è certamente complesso e quindi terreno fertile per gli speculatori in cerca dello scoop sensazionalistico, ma andiamo per ordine e chiariamo cosa è effettivamente successo.

Di recente la regione Lombardia ha approvato un pacchetto di riforme destinato ai soggetti affetti da malattia croniche, che rappresentano oggi il 50% della spesa sanitaria lombarda.  La pietra dello scandalo è certamente individuata nella figura del “Gestore”.Prima di spiegare chi sia questo fantomatico soggetto, preme sottolineare come la scelta di rivolgersi ad esso sarà solo ed esclusivamente del paziente, il quale potrà quindi tranquillamente restare in carico al proprio medico di base, come è avvenuto fino ad oggi.Eliminate le allusioni –neanche tanto implicite- ad una sorta di collocamento coatto di poveri malati sotto il controllo di uno spietato “Gestore”, passiamo ad analizzare chi, effettivamente, è questa entità.

Esso non è altro che un ente (potenzialmente anche le stesso medico di base!), che si fa carico del paziente cronico nel lungo periodo.  Vi chiederete cosa cambia rispetto a quello che già oggi fa il medico di base.  Ebbene, quello che differenzierebbe questi due soggetti è che “il Gestore” si farebbe carico dell’intero percorso di cura del malato cronico, di per se abbastanza standard e routinario, sovrintendendo non solo gli aspetti sanitari, ma anche quelli legati alla socialità (es. con l’assistenza domiciliare).

Per fare un esempio: oggi un paziente affetto da malattia cronica deve recarsi periodicamente dal proprio medico di base per la prescrizione degli stessi farmaci e per gli eventuali ausili (essedia a rotelle, presidi assorbenti, etc…).  Se lo stesso paziente decidesse di rivolgersi ad un “Gestore”, quest’ultimo non farebbe altro che predisporre un piano di cura,  sul lungo periodo, ad esempio valutando quante scatole di farmaci serviranno al paziente in un anno  oppure programmando le visite di controllo, evitando così le lunghe liste di attesa, ma ancora gestendo eventuali incidenti di percorso (eventi acuti), insomma coordinando le esigenze di soggetti fragili, agevolandoli nel percorso di cura.  Ma c’è di più.

L’ente gestore avrà verosimilmente un vasto bacino di utenza, e questo gli permetterà di contrattare condizioni economicamente più vantaggiose con i vari fornitori di servizi, ad esempio ottenendo prezzi scontati nelle farmacie o nelle sanitarie di fiducia.  E forse è questo uno degli aspetti che fa più paura, la capacità del privato di essere maggiormente efficiente del pubblico.  Ad esso segue l’immancabile scandalo perché questo soggetto viene retributo dalla regione in base ai risparmi ottenuti, come se ottimizzare le cure fosse un disvalore, attenzione, stiamo parlando di non sprecare risorse, non di risparmiare sulla salute.

Penso che l’epoca dell’assistenzialismo sia ormai finita, un privato che sia in grado di organizzarsi e di fornire servizi utili e verosimilmente più di alto livello rispetto alla sanità pubblica, non deve essere stigmatizzato per lo stereotipato connubio tra sfera pubblica e sanità.

Ancora, il paziente non sarà obbligato a scegliere un “Gestore”, se lo farà non lo pagherà, e potrà comunque cambiarlo, questo deve essere chiaro.  Non c’è nessun disegno criminale per cercare di far guadagnare qualcuno sulla salute delle persone, ma anzi questa riforma, almeno a parole, punta ad offrire un servizio più mirato e di qualità, cosa che, diciamocelo chiaro, non potrà mai avvenire nel contesto pubblicistico italiano.

Luca Croci

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